1.263

Publié le par maximilian capa

giornata 1.263 - Le 04-08-2007 à 10:11
 FAVOLE GROTTESCHE.LIBRO SECONDO.



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ANCHE GLI ALBERI POSSONO MORIRE MALAMENTE.
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L'albero è caduto stamane, perché c'era troppo vento.
Ma non bisogna scordare la sua vecchiezza e le poche
forze che gli restavano, nel suo immenso corpaccione.
L'albero si è piegato d'un tratto ed è caduto nel
frastuono e nel sibilare assordante del vento troppo
forte ed è per questo che non l'abbiamo inteso urlare il
suo spavento e il suo dolore.
Noi restavamo nascosti dietro le rocce, che son solide
e che niente smuove, vigliacchi ma saggiamente prudenti,
aspettando con sussiego la fine di questo orrore di vento.
La Rosina Lapizzuli è piombata li' di fianco a noi,
sbattuta contro il pietrame, tenedosi disperata alle radici
dei cespugli, per non essere portata via. E gridava, più
più dell'aria in corsa feroce, che "L'albero Terzisto
s'era rotto il muso per terra e ch'aveva TUTTE LE OSSA
ROTTE!" Pur se terrificati dal triste evento, noi
restammo al riparo, pensando sopratutto alla nostra
pelle, come è umanamente comprensibile. Ma avevamo pure
un pensiero amichevole per l'albero in pezzi, devastato
dalle furie concatenate degli elementi ventosi scatenati.
Dopo molte ore di sofferenza e di terrore di tutti noi,
poveri animaletti senza arte ne parte, il cielo irato
si calmo', man mano, e noi potemmo uscir fuori dai
rifugi per precipitarci verso il luogo dove si trovava
il Terzisto. Poverino, anzi: poverone, data la taglia...
Non era proprio bello da vedersi.
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Aveva troppi rami rotti e le radici, nude come vermi,
che si agitavano nei sussulti premortuarii. Il tronco,
intero in apparenza, era tuttavia sbrindellato e pieno
di lesioni e pisciava sangue che la terra e l'erbe
bevevano senza gioia, come se prendessero l'olio di ricino.
L'albero piangeva dolcemente di dolore.
In pieno panico, che cosi' succede di fronte ai disastri
mortali e senza rimedio, noi non si sapeva cosa fare.
Si cerco' goffamente d'organizzare i soccorsi (pur
sospettandone l'inutilità), ma l'albero moriva, questo
si sentiva e noi ne avevamo il cuore in pezzi.
Le cicale ed ogni sorta di confratelli canterini
facevano intanto intorno un brusio d'inferno, su cui
spiccavano alti ed acuti stridenti di disperazione,
nel sole possente rivenuto in piena forza, nella
maestranza del suo imperio, per accompagnare come si deve
questa agonia.
"Lasciate che i morti seppelliscano i propri morti."
pertanto gracchiava gracidando grottescamente l'anziano
rospo Wilkieziv, solito bastian contrario, pieno di
fetida bile da fargli scoppiare -quasi- le lunghe orecchie
puntute da conigliaccio che aveva, seduto a fumarsi la pipa
sui bordi di stagno frastagliati di cannelle dove noi, di
solito e d'abitudine, s'andava ad orinare i nostri bisogni.(...)
(SEGUE in completo:

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